Sernicola e Sarnicola del Cilento

 

ser ANTONIO di SER NICOLA da Sulmona
(doc. 1396)
Il notaio sulmonese ser Antonio di ser Nicola (Antonius ser Nicolai de Sulmonio) redasse nel 1396 un instrumentum de factis Antonii de Sangro, conservato poi nell’archivio dei fratelli Biordo e Ceccolino Michelotti (Perugia, Bibl. Com. Augusta, fondo Mariotti, ms 1665): ne abbiamo notizia nel saggio pubblicato da Mario Roncetti, Un inventario dell’archivio privato della famiglia Michelotti, in “Bollettino della Deputazione di Storia patria per l’Umbria”, LXVII (1970), pp. 1-75: 49.

 

ser GIOVANNI di SER NICOLA da Sulmona
(XV secolo)
Il notaio ser Giovanni di ser Nicola o di Sernicola (Iohannes ser Nicolai) è da considerarsi il capostipite della famiglia Sernicola del casale di Capograssi, dove si sarebbe trasferito verso il 1480. Le uniche notizie che abbiamo di lui finora ci attestano la sua origine da Sulmona (città dove già dagli inizi del Trecento si era stabilita la famiglia Capograssi di Salerno). Il 9 marzo 1471 Giovanni è documentato a Caramanico, in occasione della quietanza di 20 augustali ricevuti da Giovanni Antonio de Capriata, già capitano della terra di Caramanico, per sentenza di risarcimento di danni (Archivio di Stato di Napoli, Carte aragonesi sciolte, trascr. a cura della dott. Martullo). 
Nel censimento di Capograssi del 1489 sono registrati i suoi figli Valente, Iacopo e Nardo (Bernardo?). 



BERNARDINO (BERNARDO o NARDO) SERNICOLA 
(doc. Capograssi 1500-1508)

Fu il primo titolare del giuspatronato  e dello jus presentandi della cappella di Santa Maria de Iesu del casale di Capograssi, la cui costruzione venne concessa nell’anno 1500 dall’abate di Cava, Giustino, con una bolla rilasciata a don Vincimano Sernicola (Archivio della Badia di Cava, Visita Pastorale di don Michele de Tarsia, 29 ottobre 1505). La cappella è citata ancora nelle visite pastorali del 1578, 1581, 1630, 1634, 1706, 1775 e infine del 1802, quando fu interdetta dall'abate Mazzacane (Archivio della Badia di Cava, Visite Pastorali, e Pietro Ebner, Chiesa, baroni e popolo nel Cilento, Roma 1983, vol. I, p. 630). 


don VINCIMANO SERNICOLA 
(doc. Capograssi 1500-1515)

Sacerdote della chiesa parrocchiale di San Nicola di Capograssi. Beneficiario della cappella di Santa Maria de Iesu di giuspatronato della famiglia Sernicola (Archivio della Badia di Cava, Visita Pastorale di don Michele de Tarsia, 29 ottobre 1505 e 13 settembre 1515). Pietro Ebner (Chiesa, baroni e popolo nel Cilento, Roma 1983, vol. I, p. 630) legge erroneamente il suo nome come Ventimanno.


don RUGGERO SERNICOLA 
(Capograssi, doc. 1581-1590)

Sacerdote della parrocchia di San Nicola a Serramezzana, ricordato nelle visite fatte dagli abati della Badia di Cava nel 1581, 1582, 1584 e 1585 (Archivio della Badia di Cava, Liber Visitationum III, ms. 263, cc. 16, 47, 75, 94, 104 e 163) .


GIOVAN PIETRO SERNICOLA 
(Capograssi 1540c. - Pollica 1585)

Figlio del magister Gabriele, che si trasferì alla metà del secolo da Capograssi a Pollica. Attivo a Pollica almeno già dal 1577, è menzionato col padre nel 1580 per una questione riguardante la restituzione ad Antonio Quarracino, regio ammiraglio di Napoli, di una partita di panni recuperata sulla spiaggia di Pollica a seguito di un naufragio. Il 30 dicembre 1584 partecipò con altri cittadini notabili di Pollica ad una riunione pubblica per gli affari della cittadina; ma nel marzo dell'anno seguente la moglie Porzia Volpe, da cui aveva avuto quattro figli (Pompeo, Ottavio, Ortensio e Giovanfabio) risultava vedova (docc. in A.S.Sa, Notarile, Pollica, not.  G. P. Masarone, aa. 1577-1585).


POMPEO SERNICOLA 
(Pollica 1570c. - Pollica? 1630c.)

Figlio di Giovan Pietro e nipote di Gabriele, da cui ricevette un cospicuo lascito ereditario alla morte prematura del padre (1585). Fu probabilmente il primo torriero della Torre della Punta al servizio dei Capano, principi di Pollica. Nell'atto di battesimo del suo primogenito Giuseppe si firmò 
Pompeius de Ripulo alias Sernicola, probabilmente perché la ricca famiglia Ripolo aveva assunto 
una qualche forma di tutela nei suoi confronti dopo che era rimasto orfano del padre (Archivio Diocesano di Vallo della Lucania, Pollica, Libri della Parrocchia di San Nicola, Battesimi, a. 1595).


DECIO SERNICOLA 
(doc. Serramezzana 1589 e 1631)

Figlio di Pirro Aloisio e della nobile Faustina Vassallo. Arciprete della chiesa parrocchiale di Serramezzana in occasione della visita pastorale dell'abate Giulio Vecchioni del 5 aprile 1631 (P. Ebner, Chiesa, baroni e popolo nel Cilento, Roma 1983, vol. II, p. 603).


don BERNARDINO SERNICOLA 
(doc. Capograssi 1604-1606)

Rettore e cappellano della cappella di Santa Maria de Iesu di Capograssi (giuspatronato della famiglia Sernicola). Ricevette da Aurelia Sernicola, figlia ed erede di Giovan Tommaso, un legato di tre case nella località Pedecasale (11 giugno 1604). Nel 1606 è menzionato nella cappella di Santa Maria del Carmine ad Agnone (oggi fraz. di Montecorice SA).


CARLO SERNICOLA 
(doc. Capograssi 1652–1656)

Medico, si trasferì a Napoli per esercitare la professione, probabilmente intorno al 1656 in occasione dell'epidemia di peste che dilagò nel Regno di Napoli. Sposò Giovanna Reale, di nobile famiglia cilentana: da Carlo e Giovanna nacque nel 1659 Domenico, che sarà poi illustre carmelitano col nome di Carlo.


DOMENICO SERNICOLA = p. m. CARLO SERNICOLA OCarm 
(Napoli 1659 - Napoli 1721)

Fu insigne teologo, poeta e oratore. Nacque il 21 febbraio 1659 in Napoli, dove il padre Carlo esercitava la professione di medico. Entrò giovanissimo nell’ordine carmelitano e a 27 anni conseguì la laurea in Teologia; insegnò in Siena e poi a Firenze, dove fu teologo presso la famiglia Medici dal 1686 al 1691. Unanimemente stimato ed apprezzato, fu poi, per interessamento del conte palatino Filippo Guglielmo, nominato priore del Convento del Carmine Maggiore di Napoli; vi morì il 27 agosto 1721, dopo aver ricoperto importanti cariche in seno all’ordine.
Ci ha lasciato 23 opere a stampa pubblicate tra il 1682 e il 1720: poesie nello stile dell’Arcadia (Poesie varie, Fiori poetici, Il Parnasso teologico, Il Carmelo poetico, Sonetti), opere sacre drammatiche (Lo scovrimento delle saggie pazzie, La fuga occultata dal cielo in Santa Eufrosina vergine carmelitana, Il Garino, La Verità premiata), prediche e panegirici.
Hanno scritto di lui: Andrea Perrucci (Dell'arte rappresentativa premeditata e all'improvviso, Napoli 1699) e l’abate Giacinto Gimma (Elogii accademici della Società degli Spensierati di Rossano, Napoli 1703, con bel ritratto in incisione), entrambi quando il nostro era ancora in vita; poi il padre Mariano Ventimiglia (Degli uomini illustri del Regal Convento del Carmine Maggiore di Napoli, Napoli 1756); altre notizie sono in: Bibliotheca Carmelitana, notis criticis et dissertationibus illustrata, Orleans 1752 (voce a cura di Cosimo Villiers) e Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, tomo IX, Napoli 1822 (voce compilativa a cura di Nicola Morelli), con ritratto in incisione. Dopo la segnalazione in Camillo Minieri Riccio (Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844) e la citazione di Gabriel Maugain (Étude sur l'évolution intellectuelle de l'Italie de 1657 à 1750 environ, Paris 1909), la figura di Carlo Sernicola viene trascurata; nell’Archivio Biografico Italiano, poi, malauguratamente gli autori confondono questo Carlo Sernicola con l’omonimo librettista di fine Settecento (vedi sotto).


FRANCESCO SERNICOLA 
(doc. Napoli 1689-94; Reggio Calabria 1700-01 - L’Aquila 1706-07)

Giureconsulto a Napoli. Nel 1689 mandò alle stampe in Napoli una Nota a pro dell’ill. signor Marchese di Casalnuovo contro al capitolo della città di Tricarico (il marchese di Casalnuovo è da identificarsi con don Luigi Pignatelli). 
Nel settembre 1691 fu nominato (assieme ai dottori De Fusco, Costantino, De Mari, Biscardi e Pistone) deputato della Piazza del Popolo nella c.d. Deputazione perpetua per le cose pertinenti al Sant’Uffizio; il mese dopo fu inviato alla corte di Madrid per esporre le ragioni della città di Napoli contro i metodi troppo rigidi dell’Inquisizione romana in città (delazioni, sequestri preventivi di beni e torture); agli inizi del 1692, anche per la propaganza della diplomazia pontificia, si sparse la notizia che il Sernicola, al suo arrivo a Corte, sarebbe stato arrestato, come già successo a Giannelli e Manuzi (Pietro Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, libro XXXII). Tra il dicembre 1691 e il gennaio 1692, invece, il Sernicola era stato ricevuto da Carlo II, e aveva potuto esporre la petizione al sovrano; nel frattempo erano giunti a Madrid ulteriori memoriali e appelli predisposti dalle ottine e dalle piazze dei nobili di Napoli; in marzo il re convocava nel Palazzo Reale di Aranjuez il Sernicola (ammalato) per notificargli che aveva accolto le suppliche della città di Napoli e lo comunicava ufficialmente con lettera al Viceré Conte di Santo Stefano. Il ritorno del Sernicola a Napoli nella primavera del 1692 fu accompagnato dal giubilo della popolazione, che considerava essersi conclusa con un importante successo la missione del suo delegato (Raffaele Colapietra, Vita pubblica e classi politiche del viceregno napoletano (1656-1734), Roma 1961, pp. 70-72; Giuseppe Galasso, Il processo degli “ateisti”, in Storia di Napoli, VII, Napoli 1970, pp. 55-62; Luciano Osbat, L'Inquisizione a Napoli: Il processo agli ateisti, 1688-1697, Roma 1974, p. 134). 
Nel giugno 1693 Francesco Sernicola fu nominato Giudice della Vicaria Criminale. L’anno successivo ne fu rimosso a seguito della riforma delle cariche pubbliche voluta da Madrid e compensato con la carica di Uditore generale dei Presidî di Toscana (Giuseppe Galasso, Napoli nel Viceregno, in Storia di Napoli, VI/1, pp. 384-385). 
Ricoprì poi con la carica di Governatore della città di Reggio Calabria nel 1700-01 (cfr. Domenico Spanò-Bolani, Storia di Reggio di Calabria: da tempi primitivi sino all'anno di Cristo 1797, 2: dal 1600 sino al 1797. Napoli 1857. p. 284).
Fu Giudice a L'Aquila nel 1706-1707, quando dovette far fronte alle masnade di Scarpaleggia, fuoriusciti napoletani reclutati dal cardinale Grimani e al servizio dell'Austria nella lotta contro il governo vicereale spagnolo durante le guerre di successione (cfr. Angelo Granito, Storia della congiura del principe di Macchia e dell'occupazione fatta dalle armi austriache del regno di Napoli nel 1707, vol. IV. Napoli 1861, pp. 141-143 e 221-223).


GIUSEPPE SERNICOLA 
(doc. 1696)

Figlio di Onofrio Sernicola di Capograssi, del quale rimase presto orfano; è ricordato nel 1665 e nel 1675 in due distinti legati stipulati a favore suo e dei suoi fratelli dalle zie paterne, Aurelia e Antonia. Nel 1696 fece realizzare una croce astile per l’Abbazia di Cava dei Tirreni, della quale era procuratore. Nella croce, oggi conservata al Museo dell’Abbazia Benedettina della SS. Trinità, si legge “R. D. IOSEF SERNICOLA PROCURATORE 1696 – S. M. G. TERRAE CAPUTGRASSORUM TANTUM A.D. 1696”.


don GAETANO, don FRANCESCO e don ONOFRIO SERNICOLA 
(doc. Serramezzana 1708)

Svolsero contemporaneamente funzioni di sacerdote assistente nella parrocchia di San Nicola a Serramezzana: assieme all’economo e due altri parroci, redassero la Platea della parrocchia nel 1708.


PIETRO SERNICOLA 
(Pollica 1672 - 1742)

Fu scultore e maestro stuccatore. Nacque a Pollica il 13 settembre 1672 da Matteo e da Beatrice De Feo. Pietro venticinquenne era a Napoli nel maggio 1697 quando venne ingaggiato, assieme a Maurizio D’Alessio di Calvanico, dai carmelitani di Brindisi per i lavori di decorazione della loro nuova chiesa di Santa Teresa. Successivamente, nel 1700, forse di ritorno da Brindisi dove aveva concluso i lavori, Pietro realizzò nella cappella di Santa Maria di Costantinopoli a Balvano (PZ) le due cornici in stucco che racchiudono le immagini di San Michele Arcangelo e della Madonna dei Sette Dolori (Vincenza Molinari, La Cappella di Santa Maria di Costantinopoli a Balvano (PZ), Basilicata Regione Notizie).
Nell'arco di ingresso della Cappella del Rosario nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Sant'Angelo a Fasanella si conserva la scritta PETRUS SERNICOLA SCULPSIT A.D. 1712, che potrebbe riferirsi ad alcune opere in stucco ivi conservate. Altra opera documentata di Pietro sono le decorazioni in stucco della chiesa di San Francesco ad Altavilla Silentina, datate e firmate: PETRUS SORNICOLA HOC OPUS FECIT 1720.
A Pollica realizzò la cappella di Santa Maria delle Grazie nella parrocchiale di San Nicola, come ci dice il contratto stipulato il 5 febbraio 1733 con Gennaro Baglivo che ne deteneva il giuspatronato (A.S.Sa., not. P.A. Voso). Altre opere documentate di Pietro sono quelle nella chiesa di Cuccaro, databili dal contratto al 1735 (A.S.Sa., not. Amorelli).
In attesa di ulteriori riscontri documentari, storici locali hanno segnalato suoi interventi nelle decorazioni interne di altre chiese di Pollica: nella chiesa conventuale dei Riformati di Santa Maria delle Grazie, sembra essere attribuibile a lui nel coro la bella nicchia ornata da angeli reggicortina (F.S. Della Pepa, Pollica, tesi di laurea, 1972); inoltre la pregevole chiesa dell’ex convento di Santa Maria di Costantinopoli ha un interessantissimo apparato decorativo tardo barocco ascrivibile  al Sarnicola (comunicazione orale del prof. Amedeo La Greca). 
Pietro morì a Pollica il 20 dicembre 1742, ferito da un colpo di fucile presso la sua abitazione (ictu scopli sauciatus).


CRESCENZIO SERNICOLA 
(Pollica 1707 - Padula 1743)

Figlio primogenito dello scultore Pietro e di Anna Maselli, Matteo Crescenzio è documentato a Padula dove svolgeva l’attività di notaio (non sono stati reperiti gli atti da lui rogati).  Sposò Teresa D’amato da cui ebbe quattro figli: Guglielmo (sacerdote), Carlo, Leandra e Albina. 


DONATO SERNICOLA (anche SARNICOLA)
(doc. Calabria metà XVIII sec.)

Donato è documentato a Pollica nel 1738 assieme al padre, il maestro Pietro Sarnicola, in occasione dell’apertura del testamento dello zio Antonio Sarnicola; fu attivo come stuccatore nel corso del XVIII secolo: sue opere sono in area cosentina, come la decorazione in stucco all’interno della chiesa di S. Maria Maddalena a Morano Calabro, e lavori simili a Corigliano e a Saracena (Passeggiate in luoghi d'arte Morano Calabro, a cura del Comune di Morano Calabro).


NICOLA SERNICOLA 
(doc. Napoli 1741 e 1766)

Figlio di Gennaro Sernicola e Isabella d’Agresto, di Capograssi, è doc. nel 1741, quando però risulta già a Napoli per motivi dovuto allo studio o alla attività professionale di medico che vi svolgeva. Il dottor don Nicola Sernicola ci ha lasciato uno scritto di carattere scientifico: Ragionamento historico fisico sul caso di una donna siderogona felicemente curata, pubblicato a Napoli nel 1766.


FRANCESCO ANTONIO SERNICOLA 
(doc. Napoli 1770 e 1777)

Nel 1770 pubblicò in Napoli per i tipi di Vincenzo Flauto la Dissertatio physico-mathematica De Telluris motu atque inde ortis phenomenis, e poi ancora in Napoli nel 1777 una Lettera al dottor Tommaso Fasano, in difesa delle tesi espresse dal medico Nicola Sernicola, suo fratello, e confutate dal Fasano. Il 1 settembre 1790 fece testamento “nella sua solita abitazione e propriamente nel casino dell’ill. marchese di detta terra di Capograssi sita in questa suddetta marina di Agnone, nella prima camera del primo piano”. Il testatore stabilì che fosse "seppellito nella chiesa di S. Maria delle Grazie della predetta terra de’ Capograssi e proprio nella sepoltura che sta sotto al pulpito"; lasciò eredi la zia Rosalia e il fratello Nicola.


CARLO SERNICOLA 
(doc. Napoli 1777 - 1795) 

A Napoli esercitava la professione di giureconsulto, ma fu poeta, consacrato Pastore Arcade col nome di Arimedonte Parteniate (cfr. Gioachino Pizzi, 1777), e poi librettista nell’opera musicale di scuola napoletana alla fine del Settecento, il massimo autore di testi di drammi sacri. Fu l'autore dei libretti:
- La Distruzione di Gerusalemme (1787, musica di Giuseppe Giordani),
- Giunone Lucina (cantata 1787, musica di Giovanni Paisiello),
- Il Rinaldo (1788, musica di Piotr Skokov),
- Debora e Sisara (1788, musica di Pietro A. Guglielmi),
- I matrimoni per fanatismo (1788, musica di Pasquale Anfossi),
- Gionata (1792, musica di Niccolò Piccinni)
- Olindo e Sofronia (1793, musica di Gaetano Andreozzi),
- Gli Orazi (1795, musica di Nicola A. Zingarelli).

Si trova menzione di questo Carlo Sernicola in Carlo Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, Milano 1929 e soprattutto in Claudio Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800: catalogo analitico con 16 indici, Cuneo 1990-1994. Citato più volte in Roberto Zanetti, La musica italiana del Settecento, Milano 1978. Il musicologo Franco Piperno ha recentemente scritto alcun saggi sul dramma sacro nel Settecento (1991 e 1993), rilevando il ruolo importantissimo svolto da Carlo Sernicola nella nascita e il successo di questo genere musicale a Napoli. La Debora e Sisara fu senza dubbio la sua creazione più alta, grazie anche alla musica di Guglielmi: sono ricordate infatti numerosissime repliche in molti teatri italiani fino al 1820. A testimonianza della riscoperta di questa opera, due nuovissime edizioni  sono anche comparse recentemente sul mercato editoriale: una edizione critica a cura di Anthony DelDonna ed Eleonora Negri (Louisville KY 2003) e una trascrizione per canto e piano a cura di Filiberto Pierami (OTOS edizioni, Lucca 2002). 


GIUSEPPE SERNICOLA
 (Pollica 1814 – Pollica 1894)

Figlio di Gennaro, possidente, e di Grazia Cantarella, sposò Colomba Cembalo, di ricca famiglia di San Mango e nel 1859 i coniugi fecero sistemare l’altare di Santa Rosalia nella chiesa parrocchiale di San Nicola a Pollica: “Per divozione di d. Giuseppe Sernicola e d. Colomba Cembalo a. D. 1859”. L’altare di giuspatronato della famiglia Sernicola è ricordato nelle successive visite pastorali (1874, 1883, 1903 e 1909). Nella parrocchiale di Pollica si conserva tuttora la nicchia con una statua lignea di Santa Rosalia di pregevole fattura. 
Il medico Giuseppe Sernicola fu protagonista di una vicenda di brigantaggio: venne infatti rapito il 28 ottobre 1870 con il giovane garzone Luigi Vassalluzzo. I due, di ritorno da Casalvelino a Pollica, vennnero fermati dai briganti della banda Notaro, che li trattennero sulle montagne di Novi. I familiari del Sernicola, avvertiti della sorte toccata al loro congiunto, sborsarono la somma del riscatto, circa duecento piastre d'argento, e il medico potè fare rientro a casa il 16 novembre, dopo venti giorni di prigionia. La documentazione del fatto, conservata nelle carte della Prefettura di Salerno (Archivio di Stato di Salerno), è riportata nella pagina di storia a lui dedicata in questo sito.


ALFONSO SERNICOLA 
(Salerno 1839 – 1917)

Figlio di Nicola e di Maria Antonia Pentavalle. Fu professore di Lettere nei ginnasi di Chieti, Salerno, Udine e Reggio Calabria; anche per meriti patriottici, avendo partecipato alle campagne garibaldine, ebbe l’incarico di preside del Ginnasio “T.Tasso” di Salerno. 


SILVIO SERNICOLA 
(Chieti 1879 – Salerno 1946)

Figlio di Alfonso e di Adelia Minichilli, fu professore di Lettere come il padre. Pubblicò Dei pesi, delle monete e delle misure dei Romani (Santamaria Capua Vetere, 1911) e la novella Il sabato di don Catello (Salerno 1933).


 BIAGIO SARNICOLA 
(Agropoli 1846 – 1934)

Sacerdote; si distinse nel campo filantropico e fu un educatore solerte della gioventù agropolese. A lui è dedicata una via in Agropoli. 


ALFONSO SERNICOLA 
(Messina 1894 - Napoli 1979)

Figlio di Federico e di Concetta Bucalo. Nel corso della seconda guerra mondiale era Maggiore dell’Esercito; dopo l’armistizio del settembre 1943 rientrò dalla Croazia a Napoli e partecipò attivamente alle Quattro Giornate di Napoli (28 settembre – 1 ottobre). Una sua relazione sui fatti è nell’Archivio dell’Associazione Nazionale Combattenti di Napoli. Menzionato da Corrado Barbagallo, Napoli contro il terrore nazista, Napoli 1946, pp. 50-51, 82, 111.


NICOLA SERNICOLA 
(Cava 1912 - Capo Matapan 1941)
e VINCENZO SERNICOLA 
(Cava 1914 - Isola Asinara 1943)

Figli di Matteo e di Teresa Auriemma. Entrambi scomparsi nel corso della II guerra mondiale in tragiche vicende belliche della nostra Marina: Nicola nel disastro di Capo Matapan a bordo del cacciatorpediniere Alfieri (29 marzo 1941); Vincenzo nei pressi di Capo Asinara a bordo della corazzata Roma (9 settembre 1943).
I loro nomi sono sulla lapide che ricorda i caduti di San Cesario (fraz. Cava).


GENNARO SERNICOLA 
(Pollica 1907 – Roma 1979)

Figlio di Raffaello e Tommasina Cantarella, avvocato, è stato Generale dell’Aeronautica Militare.


EMILIO SERNICOLA 
(Pollica 1916 – Roma 2003)

Figlio di Raffaello e Tommasina Cantarella, è stato eminente Avvocato dello Stato (cfr. Gennaro Vaccaro, Panorama biografico degli italiani d'oggi, vol. II, Roma 1956).


CARMEN ANTHONY SARNICOLA 
(1942 - 1999)

Dopo aver conseguito il diploma di undergraduate al Geneva College in Geneva, Pennsylvania, ha poi ottenuto il master e il doctorate in Scienze della Educazione alla University of Pittsburgh; è stato insegnante della scuola elementare e media, poi soprintendente del distretto scolastico di Clairton, ha dedicato tutta la sua vita professionale al miglioramento della qualità della scuola pubblica in Pennsylvania. Per la sua dedizione al servizio pubblico, il Public Educational Network di Washington ha istituito un premio col suo nome, il Carmen A. Sarnicola Award, con il quale vengono segnalate le migliori esperienze educative nella scuola pubblica statunitense.
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