I Sernicola di Capograssi dal XV al XVII secolo

 

La più antica testimonianza che abbiamo reperito riguardante persone appartenenti certamente alla famiglia Sernicola del Cilento è riscontrabile nel censimento della popolazione ordinato dal re di Napoli, Ferdinando I ed effettuato nel 1489: nel casale di Capograssi risultano abitanti questi tre nuclei familiari (fuochi) che hanno per capo-fuoco un Sernicola:

Valente de Sernicola, di 55 anni, con la moglie Linetta e i figli Giovanni, Cirillo, Daniele e Giulia;

Vicenzo de Sernicola, di 20 anni, sposato, con i fratelli Miele (Michele?), Gennaro e Loise;

Giacomo de Sernicola, di 50 anni, con la moglie Viola e i figli Giacomo e Amendola; con lui vive il fratello Nardo, vedovo, che ha un figlio, Marsilio.

Sembra di poter ipotizzare che i tre gruppi familiari siano riconducibili ad un unico capostipite (che qui non compare perché già defunto), i cui figli sono il primogenito Valente (nato verso il 1445), poi Giacomo (n. 1450 ca.) e infine Bernardo (n. 1450 ca.): che questi ultimi siano fratelli è detto esplicitamente, mentre uno strettissimo rapporto di parentela tra loro due e Valente è ipotizzabile dalle successive annotazioni presenti nel documento: le carte del censimento riportano infatti anche gli appunti relativi alla successiva rilevazione, risalente al 1508, cioè immediatamente dopo un'epidemia di peste (1501-1508) durante la quale la popolazione del Cilento fu pressocché dimezzata. Veniamo così a sapere che a quella data:

  1. 1. il fuoco prima intestato a Valente passa sotto il nominativo del figlio Giovanni che ha a carico i fratelli.

2. il fuoco prima composto dai quattro fratelli si è estinto per la morte di tutti loro ed i beni sono passati a Giovanni Sernicola, che pertanto doveva essere uno stretto consanguineo, forse anche il loro fratello.

3. anche i componenti del fuoco di Giacomo sono omnes mortui e i loro beni passati a Giovanni e Bernardino.

Non compaiono nelle carte del censimento 1489/1508 i nomi di pubblici ufficiali (notai) e di ecclesiastici come Vincimano de Sernicola che risulta invece menzionato tra il clero della chiesa matrice di San Nicola di Capograssi nella relazione della visita pastorale dell’abate di Cava, don Michele de Tarsia, effettuata il 29 ottobre 1505. Sappiamo anche che nell’anno 1500 Vincimano aveva ottenuto dall’abate di Cava, Giustino, una bolla per la costruzione di una cappella intitolata a Santa Maria de Iesu extra casalem Caputgrassorum con giuspatronato e ius presentandi di Bernardino Sernicola (che ci sembra da identificarsi col Bernardino del censimento 1508). La cappella è citata ancora nella visita pastorale del 1578 e in quella del 1581; inoltre è documentata nel testamento di Pirro Aloisio Sernicola (1589), nel legato di Aurelia Sernicola (1604), nel testamento di Giovan Troiano Sernicola (1654, dove è detta constructa de novo).

Dai più antichi documenti finora individuati risulta l’origine inequivocabile della famiglia Sernicola dal casale di Capograssi, attestata nel censimento del 1489 e poi confermata dal fatto che tutti coloro che dalla metà del XVI secolo sono a Pollica (per matrimonio o per attività commerciali) vengono definiti del casale Caputgrassorum.

Dalla Platea di San Mauro Cilento (1517-sec. XVII) veniamo a conoscenza di alcuni Sernicola abitanti a Capograssi:

Adaniele, Mariano e Bernardino de Sernicola hanno beni in località “Li Penta Sancti” confinanti con un terreno lavorativo con piante di olivi ed alberi da frutto di proprietà di Nicola Giovanni Pandullo, ma tenuto dal notaio Feo de Sernicola.

Topazia de Sernicola del casale de Capograssi, vedova del fu Antonello di Agresto, in data 31 dicembre 1561, ind. IV, dichiara che per un terreno lavorativo e vignato in località “Sancto Pietro”, confinante con  i beni degli eredi del fu Giovanni de Martino e di Rinaldo Montone e con la via publica, paga gr.3. Suo marito aveva negli anni passati comprato il terreno di Giovanni Antonio di Nicolella, il quale da venti anni circa non aveva pagato il censo alla Chiesa Parrocchiale di S. Mauro.

Nicola, Dario e Braryateo de Sernicola del casale dei Capograssi possiedono una terra lavorativa e vignata nel casale di Ortodonico, in località la “Luezza”, confinante con i beni di Silvestro Miglio, Giovanni Nicola del Celso, eredi del fu Masseo di Montecorace; paga alla predetta cappella gr.8 .

Il notaio Feo Sernicola di Capograssi, risulta da un elenco dei beni della cappella di Maria SS. De Ratto in S. Mauro; paga gr.10".

Ulteriori notizie su componenti della famiglia Sernicola si trovano in documenti notarili del Cinquecento e anni successivi.

Il 20 giugno 1557 il nobile Gian Lorenzo Cocciari del casale di Galdo (oggi frazione del comune di Pollica, SA) rinuncia a un credito di nove ducati a favore di Consalvo de Sernicola del casale di Capograssi: il debito era stato contratto dal fratello di Consalvo, Berardino (nel 1557 già defunto) in occasione delle nozze tra lo stesso Gian Lorenzo e Antonia de Sernicola, loro sorella, che egli aveva sposato stipulando i capitoli matrimoniali presso il notaio Feo de Sernicola del casale di Capograssi.

Ancora a Galdo, qualche anno più tardi la stessa Antonia de Sernicola - rimasta vedova di Gian Lorenzo Cocciari - con atto rogato il 25 agosto 1574 riceve dal cognato (o suocero ?) Gian Andrea Cocciari un terreno in località Capazzano presso il casale di Galdo.

Un documento datato Capograssi 1 marzo 1587 cita Geronima Sernicola figlia e legittima erede di Consalvo.

Alla data del 27 ottobre 1574 Colonna de Sapia è vidua relicta di Giovan Michele de Sernicola e tutrice di Giovan Troiano. Nel documento sono citati anche Giovandomenico e Giovanlorenzo de Sernicola, probabilmente i suoi figli.

Il 11 luglio 1575 Pyrro Aloysio Sarnicola di Capograssi, che viene indicato col titolo di nobile in quanto ha sposato la nobile Faustina Vassallo, stipula un atto in Acquavella (oggi fraz. di Casalvelino) col cognato, Antonio Vassallo del casale di Porcili (oggi Stella Cilento).

Il 10 agosto 1590 un altro Giovan Michele Sernicola, figlio di Gabriele, e già documentato a Pollica col padre e col fratello Giovan Pietro, fa testamento a Capograssi, in sua solita habitatione in vicinato de li Sernicola: eredi sono Domenico e Giovan Girolamo, i due figli legittimi avuti da Lucrezia Volpe, che però è in attesa di un altro figlio, per cui il testatore si preoccupa anche della eventualità che Lucretia eius uxor peperisse filium masculum. Chiede di essere sepolto nella cappella che è nella chiesa di San Leonardo.

Prima dello scadere del secolo, incontriamo ancora Giovan Michele il 28 giugno 1593, quando vende ad Alonso Sanges (marito di Lucrezia Sarnicola) una terra in località Santo Basile.

Tra i sacerdoti del clero di Capograssi c’è il fratello di Lucrezia, don Ruggero Sernicola, ricordato nelle visite fatte dagli abati della Badia di Cava tra il 1581 e il 1585. Don Ruggero il 23 luglio 1590 estingue un debito di 70 ducati in favore del cognato, il magnifico Alonso Sanges, cedendo “quasdam domos consistentes in septem membris … imbricis copertas cum portis et fenestris intus dictus casale et proprie ubi dicitur li Sarnicola” confinante con i beni di Ferdinando Sarnicola, e un magazzino con dolia, confinante con i beni del magnifico Hortensio Sarnicola.

Un altro documento notarile del 29 gennaio 1591 cita i nobili Ortensio e Ferdinando Sernicola. Altri docc. notarili attestano operazioni fatte da un Ferdinando Sernicola tra il 1580 e il 1604.

Nell’atto notarile rogato il 12 agosto 1582 sono riportati i capitoli dotali per Diasena Sernicola in occasione delle nozze con Domenico Gifoli; il fratello di Diasena è il magister Alphonsus. Il 17 dicembre 1590 il nobile maestro Alfonso Sernicola del casale di Capograssi stipula un contratto con Aurelia Cona, vedova di Consalvo Gifoli.

Il nobile Pirro Aloisio Sernicola (già incontrato nel 1575 ad Acquavella) fa testamento a Capograssi il 12 settembre 1589: eredi sono Pompeo e Decio, i due figli legittimi avuti dalla moglie Faustina Vassallo. Nel doc. cita anche le due figlie femmine Achillea (?) e Antonia. Chiede di essere sepolto nella cappella di Santa Maria de Iesu.

Il 29 luglio 1601 a Capograssi Feo Sernicola, figlio di Aurelia Reale, sposa Lucia Sanges, figlia di Alonso e di Lucrezia Sernicola, già incontrata.

Agli inizi del Seicento a Capograssi ci sono due Ferdinando Sernicola e per distinguerli si è costretti a specificare il patronimico: abbiamo così un Ferdinando (o Ferrante) Sernicola de Giovan Donato e un Ferdinando Sernicola de Rogiero: si conserva persino un atto notarile del 6 giugno 1604 che fa riferimento a una controversia prodotta da questa omonimia.

Ferdinando Sernicola (di Giovan Donato) fa testamento tre volte: la prima il 26 ottobre 1590, convocando il notaio Signoriello a Capograssi nella sua solita habitatione in loco dicto lo vicinato de li Sernicola: nel testamento fa menzione del figlio Donato, delle figlie Isabella e Giovanna, e della moglie Giustina de Vitio. Chiede di essere sepolto nel monastero di San Francesco. Secondo testamento il 29 settembre 1602, redatto dallo stesso notaio in loco ubi dicitur Li Staviani: nel doc. troviamo citati i figli Donato Antonio e Tommaso Aniello, e la nuova consorte, Vittoria Sernicola. Il terzo testamento è datato 29 settembre 1609, ancora a Li Staviani: il magnifico Ferdinando de Sarnicola de casali Caputgrassorum vuole essere sepolto alla sepoltura del SS. Rosario costruita dentro la chiesa di San Leonardo a Capograssi; per non smentirsi, anche in questo testamento c’è un figlio in più, infatti i suoi eredi sono i legittimi figli Donato Antonio, Tommaso Aniello e Giovan Antonio; in compenso stavolta la moglie è la stessa, Vittoria Sernicola, che egli nomina usufruttuaria vita natural durante dei beni che lascia ai figli. Si ricorda anche della figlia Isabella e cita ancora don Bernardino Sernicola. Alla stesura dell’atto è presente come testimone Feo Sernicola.

Il giorno 11 giugno 1604, in casali Sancti Theodori, Aurelia Sernicola, erede di Giovan Tommaso Sernicola suo padre, lega alla cappella di Santa Maria de Iesu, tres domos site in loco ubi dicitur ex Pede Casale. Il reverendo don Bernardino de Sernicola è il rettore e cappellano della detta cappella. Il 17 ottobre 1606 il sacerdote don Berardino di Sernicola si trova nella cappella di S. Maria del Carmine ad Agnone (chiesa succursale della Parrocchia di San Nicola di Serramezzana).

Il 5 aprile 1631 è l’arciprete don Decio Sernicola della parrocchia di San Nicola di Serramezzana che accoglie l’abate Giulio Vecchione in visita pastorale.

Un Francesco Sernicola compare il 15 maggio 1656 come testimone, assieme a Carlo Sernicola, nell’atto col quale un loro congiunto, il clerico Antonio Sernicola di Capograssi, acquista dal clerico Tommaso De Schiano una “possessione vineata cum arboris in pertinentiis de maritima Agnonis in loco dicto lo Pestacchio” al prezzo pattuito di 28 ducati. Alle metà del Seicento dunque compaiono notizie relative a Carlo Sernicola: la prima è del 14 gennaio 1652. Ebbe per moglie Giovanna Reale, di nobile famiglia, forse la stessa Giovanna Reale, figlia di Giulio, che riceve una donazione dotale il giorno 11 gennaio 1654 dalla zia Angela Reale. Da Carlo e Giovanna nacque nel 1659 Domenico, che fu poi illustre carmelitano col nome di Carlo. Il dottor fisico Carlo, ad presens Neapolis degens, è doc. il 15 maggio 1673 a Capograssi.

Il magnifico Giovan Troiano Sernicola di Capograssi fa testamento il 28 giugno 1654: nell’atto non si fa menzione della moglie e in ogni caso, morendo senza figli, lascia erede la chiesa della SS.Annunziata di Napoli. Il testatore poi chiede di essere sepolto nella cappella di Santa Maria de Iesu, costrutta de novo, nella quale cappella la famiglia Sernicola vanta un giuspatronato.

Un altro atto ci fa menzione alla data del 5 agosto 1658 di una sorella di Giovan Troiano: si tratta di Caterina Sernicola moglie del magnifico Ottavio de’ Nicolellis.

Un documento del 27 ottobre 1656 ci dice che la giovane Margherita Sernicola, figlia del quondam Francesco e della magnifica donna Giulia De Cesare del casale di Capograssi, viene riconosciuta erede dei beni del padre e conseguentemente dei suoi nonni paterni, Pietropaolo Sernicola e la nobile Aurelia Galtieri, dei baroni di Zoppi e Ortodonico.

Nel 1665 Onofrio Sernicola di Capograssi, che aveva sposato Giovanna Greca, è già morto: sua sorella maggiore, Antonia, infatti, il 9 agosto 1665 stipula un atto rogato a favore dei suoi nipoti, Francesco e Giuseppe Sernicola, figli ed eredi del quondam Honofrius. Nell’atto è menzionata anche l’altra sorella di Onofrio, Aurelia, la quale ha sposato Giovanni Pinto di Casalicchio (oggi Casal Velino). Onofrio, Antonia e Aurelia sono figli di Feo Sernicola. Antonia, vedova di Carlo Cesare, ancora nel 1675 ob maximo amorem quem semper gessit et ad presens gerit erga predictos Iosephum et Andream eius nepotes et filios legitimos et naturales affati Honofri sui fratris (…) deliberat et disponit velle donare cedere et renuntiare donis (…) non solum dictos ducatos nonaginta sibi in dotes et pro suis dotibus promissos, verum etiam omnem partem, portionem legitimam, paragium et supplementum spectantes et competentes et competenturos in futurum super bonis suis paternis, maternis, dotibusque maternis ecc. (…).

Nel 1670 una figlia di Onofrio, Lucrezia, vedova del qm Carmine Sorbato, sposa Andrea Ferro a Capograssi: il matrimonio ha degli aspetti poco chiari, perché il 7 settembre 1675 nella Chiesa madre di San Nicola di Capograssi si fa pubblicare memoriale di scomunica, contenente diversi capi e signanter sopra l’eredità lasciata dal detto qm Carmine, spedito dalla Corte Vicariale di S. Angelo di Perdifumo, diocesi del R.mo padre abate della SS: Trinità della Cava.

Un’altra figlia di Onofrio, Antonia in un atto del 1675 è legitima uxor Dominici Perrone e richiede dalla madre Giovanna Greca la consegna del paraggio promesso nei capitoli matrimoniali del 1673: si tratta di una dote di 54 ducati.

Un Lelio Sernicola è teste in un atto del 15 maggio 1671. Poi è doc. in un atto del 7 novembre 1683.

Ursula Sernicola figlia di Iacopantonio e Antonia Coppola, sposa il 26 febbraio 1687 Domenico Cera di Montecorice.

In questo resoconto spesso risultano molto frammentari i rapporti di parentela tra i personaggi menzionati, al punto che è quasi impossibile - allo stato attuale delle ricerche - azzardare un albero genealogico: questo è dovuto al fatto che buona parte delle notizie raccolte provengono da rogiti notarili dove non sempre vengono esplicitati i rapporti di parentela. Abbiamo per anni inutilmente cercato i registri dei battesimi, dei matrimoni e dei morti e gli stati delle anime della parrocchia di Capograssi, che non risultano conservati presso l'attuale archivio parrocchiale, e non sono stati mai affidati all'Archivio Diocesano di Vallo della Lucania. Neppure il ricco archivio della Biblioteca della Badia di Cava dei Tirreni sembra possedere la documentazione inerente la parrocchia e la città di Capograssi.


Le notizie sopra riportate sono tratte dai protocolli notarili conservati presso l’Archivio di Stato di Salerno, Fondo Notarile, distretto di Vallo della Lucania. Il censimento del 1489 è conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli. La Platea di San Mauro Cilento (sec. XVI-XVII), conservata presso l’Archivio storico della Diocesi di Vallo della Lucania, non è stata ancora consultata direttamente, ma solo attraverso la sua trascrizione (Arcangelo Pergamo, Regesto della Platea di S. Mauro Cilento: sec. 16.-17., Salerno 1967 ).